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17/04/2019
Rischio Paese e Studi economici

Malgrado cinque anni di «Modinomics», l’India risente ancora delle fragilità economiche

Malgrado cinque anni di «Modinomics», l’India risente ancora delle fragilità economiche

Al momento della candidatura a Primo Ministro nel 2014 Narendra Modi, si era impegnato a stimolare la competitività dell’industria indiana al fine di promuovere la crescita. Si candiderà nuovamente alle elezioni generali che si terranno tra l’11 aprile e il 19 maggio. Rispetto al 2014, l’economia è migliorata, ma molte delle fragilità strutturali che Modi ha ereditato continuano ad affliggere l’India ancora oggi e i risultati contrastanti ottenuti in termini di riforme economiche hanno attenuato l’entusiasmo nei confronti di Modi.

 

  • Nel 2016 il governo indiano ha messo in atto il Insolvency and Bankruptcy Code (IBC), con l’obiettivo di consolidare tutte le norme in materia di insolvenze e fallimenti e affrontare i crediti deteriorati (Non-Performing Asset - NPA) nei bilanci delle banche. Sebbene dall’introduzione della nuova legge siano stati registrati dodicimila casi, la mancanza di risorse del tribunale nazionale del diritto delle società (NCLT) ha causato notevoli ritardi, infatti occorrono in media 4,3 anni per la risoluzione di una procedura di insolvenza. Inoltre, il rispetto del quadro giuridico potrebbe risultare difficile per gli investitori esteri che non conoscono il mercato indiano.
  • Nel 2016, Modi ha proposto una misura di demonetizzazione al fine di ostacolare i flussi illeciti di denaro e l’evasione fiscale che pesano sull’economia indiana e riducono le entrate fiscali in un paese in piena crescita demografica. Di conseguenza, i settori di attività basati sui flussi di denaro in contanti hanno visto la propria liquidità ridursi, influendo negativamente sulla domanda e rallentando la crescita. L’improvvisa applicazione di questa misura ha provocato il panico tra gli investitori e ha innescato fuoriuscite di capitale.
  • Nel 2017 è stata introdotta una tassa su beni e servizi (GST - Goods and Services Tax) per armonizzare le aliquote IVA a livello nazionale e stimolare le entrate del governo; ma a causa della demonetizzazione concomitante ha avuto un effetto una tantum negativo sui consumi domestici. Sebbene la riforma fiscale sia un grande traguardo, è ben lontana dall’essere perfetta: la GST rimane piuttosto complessa, con tassazioni diverse in funzione delle categorie di beni e molti prodotti importanti, come il petrolio, non sono al momento inclusi.

Queste riforme economiche hanno influito sulla crescita del PIL indiano, diminuito al 6,5% nel 2017, il livello più basso dal 2012. A posteriori, anche se la demonetizzazione e l’introduzione della GST erano giuste decisioni a medio termine, la loro attuazione ha generato incertezze a breve termine. La riduzione della liquidità e i problemi di corruzione pesano ancora sull’economia indiana tanto che gli investitori nazionali ed esteri ne subiscono il contraccolpo, così come i risultati ottenuti da Modi. Il partito Bharatiya Janata (BJP) ha assistito a numerosi battute d’arresto nel 2018. Sebbene governi ancora 18 dei 29 stati indiani, ha perduto seggi in seguito alle elezioni legislative del 2018 (Vidhan Sabhas), aspetto non incoraggiante per le elezioni del 2019. 

Compromessi ideologici ed economici

Supponendo che Modi ottenga sufficienti voti per la maggioranza relativa, il 17° Lok Sabha (parlamento) sarà probabilmente frammentato. Il Primo Ministero sarebbe quindi costretto a stabilire compromessi ideologici ed economici e la frammentazione del parlamento potrebbe rallentare il processo delle riforme. Il nuovo governo dovrà concentrarsi sul consolidamento del settore bancario e sul rilancio del mercato del lavoro per assorbire l’aumento della popolazione attiva. Nel 2018 sono stati cancellati undici milioni di posti di lavoro, di cui l’83% nella zona rurale, malgrado l’impegno di Modi nel 2014 ad agevolare la crescita inclusiva. L’integrazione della popolazione attiva nel Paese necessita di un tasso di crescita superiore all’8%. Raggiungere questo obiettivo e allo stesso tempo favorire la stabilità macroeconomica in un contesto di aumento degli antagonismi politici sarà difficile. 

«La crescita della produzione industriale ha registrato il 5,1% nel 2018 rispetto all’anno precedente. È un miglioramento, tenuto conto della crescita anemica (3,5%) nel 2017; tuttavia, è ben lontana dalla crescita potenziale dell’India e inferiore a quella di alcuni suoi pari nella regione, come la Cina», spiega Carlos Casanova, Economista della Regione Asia – Pacifico in Coface. «L’India ha bisogno di investimenti diretti esteri per poter sviluppare le infrastrutture di base e raggiungere un livello adeguato. Gli investimenti nelle infrastrutture indiane restano frenati da alcuni ostacoli e sono necessari per facilitare l’entrata di capitali nel settore manifatturiero», ha aggiunto.

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Antonella VONA

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