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23/05/2014
Rischio Paese e Studi economici

Coface prevede una riduzione del 13% delle insolvenze delle PMI in Spagna e la loro stabilizzazione in Francia nel 2014

Dotate di un tessuto imprenditoriale simile, Spagna e Francia registrano una dinamica preoccupante delle insolvenze d’impresa. Tuttavia le PMI[1] dei due paesi hanno avuto una diversa evoluzione dalla crisi del 2008-09, e le previsioni delle insolvenze per il 2014 rivelano una accentuazione delle loro differenze. 
Peso eccessivo delle PMI nelle insolvenze in Francia, anche maggiore in Spagna

Sia in Francia che in Spagna, il livello di insolvenze delle PMI resta preoccupante, mentre il loro peso economico è significativo: danno occupazione ad un terzo dei lavoratori dipendenti e realizzano una quota importante del valore aggiunto[2]: 32% in Francia e 37,4 % in Spagna.

Soggette a fluttuazioni (in leggero calo di -4% su 12 mesi[3] a fine marzo 2014, dopo un significativo aumento del +30% nel 2013), le insolvenze delle PMI spagnole superano il livello osservato nel 2009. Questi 2.765 casi rappresentano il 31% di tutte le insolvenze d’impresa del paese. In Francia la tendenza è in aumento su 12 mesi (+4% a fine marzo 2014) e coinvolge 4.682 PMI, cioè il 7,3% di tutte le imprese. Tuttavia, a differenza del caso spagnolo, il numero di insolvenze si allontana progressivamente dal triste record del 2009 (5.155 insolvenze).

 

Una crisi, due traiettorie

La congiuntura macroeconomica particolarmente difficile in Spagna sembra spiegare le difficoltà delle PMI. Allo stesso tempo, la gravità della crisi (crescita di -1,2% nel 2013) è stata l’occasione per un profondo cambiamento delle PMI spagnole. Nonostante un indebitamento elevato (97,9% du PIL nel 3° trimestre 2013) che le ha costrette a ridimensionare il passivo a scapito degli investimenti, e le rilevanti tensioni di liquidità  legate alla contrazione del credito, le PMI hanno assistito ad un miglioramento della redditività. Quest’ultima è vicina al 45% nel 2013, mentre la Francia registra il più basso tasso di margine (30%) fra i paesi europei. Altro effetto positivo della crisi da sottolineare: per compensare la domanda interna stagnante, le PMI spagnole hanno dovuto aprirsi all’internazionalizzazione. Così il 25% di queste sono oggi esportatrici (contro il 19% in Francia), il che ha permesso di attenuare la recessione.

In Francia, gli effetti della crisi sono stati meno marcati, ma mentre la domanda è stata resiliente l’offerta francese soffre. Si nota una pericolosa atrofia del tessuto delle imprese, come 

testimonia il livello elevato e persistente delle insolvenze. Le PMI non hanno registrato miglioramenti della competitività di prezzo che avrebbe permesso loro di ottenere quote sui mercati all’esportazione, e continuano a rivolgersi alla domanda interna. Avrebbero bisogno di un sostegno rilevante dei consumi. Questo sostegno si sta progressivamente esaurendo, come mostra la contrazione di spesa delle famiglie osservata nel 1° trim. 2014 (-0,5% rispetto al 4° trim. 2013).

 

Prospettive strettamente legate alle esportazioni e ai consumi delle famiglie

Così, per le PMI, sono stati identificati tre fattori di insolvenza per il modello di previsione delle insolvenze in Francia e in Spagna. Si tratta dell’influenza del settore costruzioni (preponderante nelle insolvenze), della dipendenza delle PMI dai consumi e dalle esportazioni di beni (in Spagna) o servizi (in Francia).

Secondo le previsioni di Coface per la Spagna - di cui si conferma la ripresa – nell’ipotesi di un leggero recupero dei consumi (+1,1%), di un aumento significativo dell’export di beni (+5,5%) e di un ristagno dei costi di manodopera nelle costruzioni, le insolvenze delle PMI dovrebbero diminuire di almeno il 13%. 

In Francia, il miglioramento non sarà altrettanto consistente. Il numero di insolvenze delle PMI dovrebbe stabilizzarsi (-0,5% atteso su 12 mesi), nel caso di ritmo moderato dei consumi (+0,8%), di un dinamismo dell’ export di servizi (+3%) e di un lieve aumento  (+0,5%) del costo di manodopera nelle costruzioni.

[1] PMI : impresa con numero di addetti compreso fra 10 e 249, giro d’affari annuale non superiore a 50 milioni di euro  o totale di bilancio non superiore a 43 milioni di euro

[2] Valore aggiunto dei settori di attività, esclusa l’agricoltura, le attività finanziarie e la pubblica amministrazione. Fonte: Eurostat.

[3] Da febbraio 2013 a marzo 2014, rispetto allo stesso periodo un anno prima

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